Cominceremo questa breve disamina sul nostro piccolo Borgo, a cui peraltro ci sentiamo intimamente legati da affetto profondo e appagante gratitudine, da un fugace accenno sull’origine e il significato del suo doppio nome: Poggio Bustone. Accanto alla più conosciuta e documentata etimologia risalente alle origini medievali dell’abitato, che prenderebbe la seconda parte del suo nome dal personale “BUSTONIS”, vorremmo proporne un’altra, frutto di semplice intuizione e derivante dalla sicura dipendenza dal latino dei due sostantivi. Poggio, da podium, va da sé, ha il chiaro significato di altura, colle. Qualche perplessità nasce invece sul significato da attribuire alla seconda parola: “Bustone”. Il verbo latino “burere”, bruciare, declinato al participio passato, da “busto”, bruciato, quindi “Podium Busto”, da cui Poggio Bustone, avrebbe semplicemente il significato di Colle Bruciato. Bruciato dal Sole? Sembra proprio di si. Il paese, elevato oltre i settecento metri sul livello del mare, sorto sui contrafforti del Monte Rosato, digradanti sulla vasta e fertile Valle Reatina, appare veramente come “bruciato” dal Sole. L’astro, infatti, dal suo sorgere, dalle spalle orientali del Terminillo, al suo spettacolare e fascinoso tramonto oltre la linea sommitale del Monte Tancia, illumina e “brucia” il Borgo per tutto il giorno, senza incontrare ostacoli. Ogni tradizione insegna comunque che i nomi non sono mai casuali, ma nascondono spesso segni e contenuti. “In nomina sunt omina”, i nomi sono presagi, destini, che si svelano attraverso fatti e accadimenti, buoni o cattivi, tragici o lieti. E sembra che un destino infausto sia proprio legato al nome “BUSTO” bruciato. Poggio Bustone, infatti, durante gli eventi tragicamente luttuosi della seconda guerra mondiale, subì, oltre alle note e vili rappresaglie, l’estremo oltraggio di un disastroso incendio acceso da mani sacrileghe che non ebbero rispetto neanche dei luoghi sacri e delle opere d’arte custodite nel vetusto convento francescano. Un crocifisso ligneo di pregevole fattura, ora esposto presso il romitorio del convento, annerito dal fumo, in parte roso dal quel fuoco, è l’eloquente testimonianza della stupidità umana connaturata all’odio ideologico. Poggio Bustone deve senz’altro la sua buona fama alla devozione universale tributata a San Francesco d’Assisi, l’Alter Christus, che qui soggiornò a lungo, lasciando tracce imperiture. Il saluto che Francesco rivolse agli abitanti, in un mattino dell’anno 1208, giunto alle soglie del Paese, allora un grumo di povere case di pietra e calce, risuonò come un’eco miracolosa che tutti, meravigliati, udirono, svegliati dal sonno, o da chi già molto presto si era recato a lavorare nei campi. Pronunciò poche indimenticabili parole “buon giorno buona gente”, che ancora oggi, il mattino del 4 ottobre di ogni anno un tamburino ripete stentoreo lungo le vie del Paese. Ritiratosi in solitaria ascesi nel silenzio di queste montagne il Santo, insieme ai primi compagni, sperimentò la misericordia di Dio che, attraverso un mistico Messaggero, apparsogli nei pressi della rupe dove sorge oggi la secentesca Chiesetta del Sacro Speco, gli confermò la remissione dei peccati. Una grande statua bronzea, opera dello scultore Luigi Ronchi raffigurante un angelo che si china su San Francesco raccolto su se stesso, testimonia, dal 1988, l’avvenimento soprannaturale. Da qui, Francesco, ripetendo le parole di Cristo: “andate, carissimi, a due a due e annunciate agli uomini la pace”, mosse lo stesso invito ai suoi primi discepoli, mandandoli a portare per il mondo il lieto annuncio del Vangelo. Una visita, anche frettolosa, del Santuario e del Sacro Speco, non mancherà di lasciare nel cuore del devoto pellegrino, il ricordo di un’intima gioia che può cogliersi solo nei luoghi abitati dal mistero della Santità. La buona fama di Poggio Bustone, oltre che al Santo di Assisi, è anche legata a Lucio Battisti, musicista fra i più significativi della melodia leggera italiana. Il cantautore, troppo presto scomparso, ma che nessuno riesce a dimenticare, per il fascino delle sue canzoni senza tempo, che attraversano mode e generazioni senza invecchiare, per la fresca dolcezza che si coglie nelle immagini fotografiche e televisive che restano di lui, per il ricordo che sempre si rinnova nella testimonianza degli amici musicisti che periodicamente organizzano concerti con le sue canzoni, seguiti da moltitudini di appassionati. La musica di Lucio è nata qui con lui, fra questi monti verdi, che sono piccole montagne, dalle forme arrotondate, femminili e materne, ma dalle cui sommità chiunque, se lo vuole, può toccare il cielo. L’arte di Lucio è figlia della sua terra luminosa e feconda. Lo stessi velo vermiglio dell’aurora Stende il crepuscolo nel cielo Del giorno l’aurora nasconde la sorgente Il crepuscolo, la foce. La terra di Poggio Bustone dona, con prodiga generosità, ebbrezza e gioia spirituale al devoto pellegrino, che qui giunge seguendo il cammino segnato da Francesco; ma altrettanta ebbrezza la si può provare immergendosi nelle bellezze naturali dei suoi monti. L’escursionista che vi si incammina in solitudine, o in compagnia di buoni amici, godrà della visione di paesaggi unici ed indimenticabili. I sentieri attraversano faggete ombrose, piccole valli dove il viandante trova frescura e ristoro, dissetandosi ad acque che sgorgano pure da ricche sorgenti. Dalle cime non elevate, ma esposte verso l’infinito, lo sguardo meravigliato vola sulla Valle Santa, passa oltre la linea sommitale del gruppo montuoso del Tancia e giunge fino a Roma. Qualcuno racconta che dalla sommità di Cima d’Arme, il monte più elevato (1640 m.), , in giornate particolarmente limpide, è possibile, muniti di un binocolo, ammirare la Cupola di San Pietro. Volgendo invece lo sguardo dalla parte opposta, verso l’Umbria e le Marche, si ammirano le cime azzurre dei Monti Sibillini, i monti della Laga ed il Gran Sasso. Dai ripidi pendii di Monte Rosato, gli amanti del parapendio e del volo libero in genere, che qui giungono sempre più numerosi, possono lanciarsi nel cielo della valle Santa, in cerca di sicure emozioni incancellabili. Un’altra esperienza piacevole che si può provare arrivando a Poggio Bustone, è legata senz’altro alla sua cucina tradizionale. Leggeri e gustosi sono i primi piatti di pasta fatta in casa, “sagnocchi” e fettuccine; ottime le carni riccamente speziate, su cui spicca la porchetta, ora in attesa del prestigioso marchio I.G.P. Tanti e vari sono dunque i motivi per visitare il territorio di Poggio Bustone, dove fra le suggestioni spirituali e le bellezze naturali, è possibile godere anche della cordiale accoglienza della sua gente.